Archivio giornaliero 18 Marzo 2022

DiMagnus

Distensione USA – Venezuela

La recente crisi energetica innescata dal conflitto Russia – Ucraina porta americani e venezuelani ad un imprevisto tavolo di trattativa sulle risorse petrolifere.

Trattative in corso

Apprendiamo dalle parole dello stesso Presidente del Venezuela Nicolas Maduro che sono in programma incontri con esponenti del Governo USA a seguito dell’arrivo di una delegazione statunitense sabato scorso in Venezuela.

La delegazione americana ha dichiarato che oggetto di questo primo colloquio è stata la situazione di alcuni cittadini statunitensi reclusi nel Paese ed altri argomenti tra cui la sicurezza energetica.

Dopo l’interruzione dei rapporti tra i due Paesi nel 2019 Washington cerca ora di riallacciarne le fila per aumentare l’isolamento della Russia, partner con la Cina del Venezuela di Maduro, mirando contestualmente agli approvvigionamenti petroliferi.

In quest’ottica si dovranno certamente ridiscutere le sanzioni imposte dagli USA al Venezuela sugli scambi petroliferi, se gli americani vorranno approfittare del petrolio venezuelano per sostituire quello russo.

La visita della delegazione americana è stata anche occasione di un incontro con i membri dell’opposizione, sempre sostenuta dagli USA, guidata da Juan Guaidò.

La real politique influenza ancora una volta le azioni in politica estera degli Stati Uniti, ora pronti a modificare il loro appoggio a Guaidò riconoscendo implicitamente Maduro come legittimo Presidente del Venezuela.

DiMagnus

Australia: incremento delle spese militari.

Da qui al 2040 l’Australia aumenterà il personale militare di circa un terzo, mettendo a segno il più ampio incremento di effettivi in tempo di pace.

Scelta politica

La giustificazione addotta dal Primo Ministro Scott Morrison è far fronte alla modificata e potenzialmente più pericolosa situazione internazionale.

L’obiettivo è di portare gli effettivi nell’arco di 18 anni da 18.500 a 80.000, con un carico sul bilancio dello Stato che ammonterà a circa 38 miliardi di dollari australiani.

Le dichiarazioni del Primo Ministro sul bisogno di adeguamento delle forze di difesa anche in vista dell’aumento della flotta dei sottomarini nucleari e non, programmata per meglio rispondere alle tensioni emergenti nel comparto Indo-Pacifico, sono da valutare anche nell’ottica delle elezioni nazionali del prossimo mese di Maggio e della rinnovata alleanza militare e politica con USA e Gran Bretagna sotto la sigla dell’AUKUS.

Sebbene ancora non definita la dotazione delle armi a bordo dei sommergibili, ad oggi intesi con armamenti convenzionali e non nucleari, con la loro motorizzazione nucleare questi si porrebbero come controllore e deterrente alla crescente presenza cinese nell’oceano indiano e pacifico.

Il Ministro della Difesa Dutton sottolinea la necessità di un’adeguata forza di deterrenza per arginare eventuali mire espansionistiche di altri Paesi.

Ovviamente non secondario l’aspetto elettorale di queste affermazioni da parte di Morrison e Dutton, in un periodo in cui i sondaggi danno il partito Laburista in vantaggio.

Questo mentre proprio Scott Morrison ed il suo Governo sono stati ampiamente criticati per non aver impiegato rapidamente l’esercito a soccorrere gli alluvionati in Queensland, a Brisbane e Sydney.

DiMagnus

Elezioni in Corea del Sud

Il conservatore Yoon Suk-yeol dopo il successo nelle recenti e molto combattute elezioni riafferma l’unità della Corea del Sud.

Ex procuratore conservatore, eletto nuovo presidente della Corea del Sud, ha sconfitto il rivale liberale dopo una delle campagne elettorali presidenziali più incerte degli ultimi anni, superando di meno di un punto percentuale, 48,6% contro il 47,8% il candidato sconfitto Lee Jae-Myung.

Dopo aver dichiarato la vittoria elettorale Yoon Suk-yeol ha invitato l’opposizione alla collaborazione, per il bene del Paese.

Nel discorso ai suoi sostenitori a poi sottolineato il suo futuro sforzo politico in ambito sociale, a difesa e miglioramento della benessere di tutti i cittadini e dell’unità dello Stato, con particolare riferimento al sostegno alle persone più bisognose.

Il suo incarico inizierà a maggio ed avrà la durata di un lustro, durante il quale dovrà dimostrare di poter guidare efficacemente la decima economia mondiale, da sempre sotto i riflettori per la difficile convivenza con i cugini della Corea del Nord, per la fortissima economia leader in molti settori dell’industria pesante e della tecnologia.

Il suo rivale, Lee, ammettendo la sconfitta nel solco della tradizione culturale coreana, congratulandosi con il vincitore ha chiesto al Presidente il superamento di ogni rivalità al fine di collaborare in armonia ed unità.

DiMagnus

Nicaragua, la sorte degli oppositori.

Ortega, dittatore incontrastato del Nicaragua, continua ad incarcerare e perseguire oppositori politici e dissenzienti.

Le notizie riportate dalle organizzazioni umanitarie presenti in Nicaragua confermano le condanne inflitte a molti degli ultimi oppositori politi ufficiali di Ortega, arrestati durante la campagna elettorale dello scorso anno, più di 30 di loro dovranno scontare molti anni nelle galere del paese.

Accusati, senza prove, di tradimento e reati contro la sicurezza nazionale, Arturo Cruz, ex ambasciatore, Felix Maradiaga, politologo, Juan Chamorro, economista, tutti candidati di opposizione alle ultime elezioni sono stati condannati dai nove a i tredici anni di carcere, come conferma il Centro nicaraguense per i diritti umani (CENIDH).

Le condanne fanno seguito alle repressioni di massa del 2018, che hanno indotto non pochi nicaraguensi a rifugiarsi in paesi vicini, quando Ortega ha incarcerato personaggi influenti accusati a vario titolo, come Jose Pallais, ex ministro degli Esteri, Jose Aguerri, ex presidente del sindacato degli imprenditori, condannati a 13 anni di carcere, non risparmiando anche note attiviste come Violeta Granera e Tamara Davila, condannate ad otto anni ciascuna.

Al potere dal 2007, mantiene lo mantiene incarcerando o costringendo all’esilio i suoi oppositori, ultimi tra i processati Cristiana Chamorro, figlia dell’ex presidente Violeta Barrios de Chamorro, e uno dei suoi fratelli.

DiMagnus

Hong Kong: altissima la mortalità per Covid.

La diffusa diffidenza degli anziani nei confronti dei vaccini, con una percentuale di vaccinati con doppia dose inferiore al 30%, ha portato la città al più alto tasso di mortalità tra gli ultrasettantenni di tutte le provincie cinesi.

Statistiche e diffusione capillare

La maggior parte dei decessi si sono verificati nelle strutture di accoglienza per anziani ed hanno coinvolto per un 90% persone non vaccinate, a fronte di un contagio che, tra ospiti e personale, ha coinvolto più del 87% di quanti presenti nelle case di riposo.

Capace di limitare la pandemia con le più stringenti misure di prevenzione applicate al Mondo, fino alla comparsa della variante Omicron, ora Hong Kong sta fronteggiando la dura realtà con un altissimo tasso di mortalità.

Come accaduto in altri Paesi l’ondata di contagi ha portato al collasso le strutture sanitarie, con conseguente aumento dei decessi per impossibilità di accedere alle cure necessarie; molti pazienti vengono addirittura allontanati dagli ospedali o costretti a lunghe code all’aperto ed al freddo dell’inverno.

A soffrire sono soprattutto gli anziani

Gli anziani pagano il prezzo più alto: isolati in apposite strutture, senza poter ricevere l’aiuto dei parenti, soffrono per il contagio e per le patologie pregresse che spesso li portano alla morte.

Concausa dell’aumento del contagio è la situazione immobiliare della città, con i suoi angusti appartamenti dove ogni isolamento o quarantena sono materialmente impossibili e la stretta vicinanza tra sani e malati accelera l’epidemia.

Le politiche schizofreniche dell’amministrazione pubblica hanno peggiorato, se possibile, la situazione, lasciando la popolazione senza indicazioni certe ed univoche, scatenando spesso il panico.

Grave è stato il ritardo nella vaccinazione per gli anziani, a cui solo adesso Carrie Lam, Sindaco della città, assicura si provvederà nei prossimi giorni, mentre Siddharth Sridhar, virologo clinico presso l’Università di Hong Kong afferma si dovesse provvederne l’anno scorso.

DiMagnus

La campagna elettorale in India

Si accende la campagna elettorale in India e nell’incandescente stato del Punjab il partito Delhi’s ‘Common Man’ ottiene ampio sostegno.

I partecipanti alla sfida elettorale

A principale sfidante del partito Bharatiya Janata, guidato da Nerendra Modi, attuale Primo Ministro, si candida il partito Upstart Aam Aadmi con il suo leader Arvind Kejriwal.

I recenti risultati elettorali confortano le speranze del AAP di scalzare il BJP dal governo del Paese e di sostituire Modi con il suo leader e Primo Ministro di Delhi Arvind Kejriwal.

Nato da un movimento contro la corruzione dilagante, prendendo il nome hindi di partito dell’uomo comune, dal 2012 è così arrivato a governare la Capitale, configurandosi come sicura alternativa allo strapotere di Modi.

Grande credibilità all’AAP deriva dalla fama di incorruttibile del suo leader Kejiriwal, attivo nel settore della fornitura di servizi pubblici. Il 53enne gode di un’immagine costruita in anni di lavoro a Delhi, senza alcuna macchia, come gli riconosce anche Neelanjan Sircar, membro anziano del think tank del Center for Policy Research.

A tutt’oggi nessuno sembra poter scalfire il potere di Modi e del BJP in vista delle prossime elezioni politiche del 2024, grazie anche alla grande disponibilità di mezzi economici.

Opposizione disorganizzata

I diversi partiti di opposizione non sono stati capaci di coalizzarsi e fondersi con il Partito del Congresso, sconfitto dal BJP dopo aver governato l’India per anni, in costante calo di popolarità.

Dopo la sconfitta elettorale molte sono state le defezioni nel Partito del Congresso, alcune anche verso il BJP.

Altro segnale del declino è proprio la vittoria dell’AAP nello stato del Punjab, candidando proprio l’AAP a leader della coalizione anti-Modi per le prossime elezioni, relegando il Partito del Congresso ad un ruolo di comprimario.

I leader dell’AAP si dicono anche pronti ad affrontare Modi a livello nazionale.

“Vedo AAP diventare una forza nazionale. L’AAP sarà il sostituto nazionale e naturale del Congresso”, ha detto il portavoce del partito Raghav Chadha al canale di notizie NDTV.

Come lo stesso portavoce del partito Raghav Chadha dichiara a NDTV l’AAP si candida a diventare forza nazionale capace di sostituire il Partito del congresso nella sua funzione di oppositore al BJP di Modi.

L’esempio di buon governo fornito a Delhi è la spinta elettorale su cui si basa il successo di AAP, che sta lavorando per ottenere sostegno anche negli stati settentrionali di Haryana e Himachal Pradesh e nel Gujarat, lo stato di origine occidentale del rivale Modi.

Una nuova fase politica sembra quindi affacciarsi alla scena indiana, fin qui dominata dal partito del Primo Ministro Nerendra Modi.

DiMagnus

Notizie dal Mondo

Mentre le notizie e gli aggiornamenti sulla guerra in corso tra Ucraina e Russia assorbono tutti gli spazi nelle testate giornalistiche televisive nel Mondo accadono come sempre moltissime altre cose, di cui fino a poche settimane fa tutti si occupavano, ma di cui ora non si hanno informazioni puntuali ma solo sporadiche.

I riflettori sull’Ucraina nascondono le vittime del Mediterraneo

La catastrofe umanitaria che sta sconvolgendo l’Europa dell’Est riempie i notiziari, mentre va in secondo piano l’orrore delle morti per annegamento degli immigrati che dall’Africa e dall’Asia, salpando dalle coste della Libia, non smettono di tentare di approdare alle spiagge italiane, così come giunge appena velata comunicazione dell’assalto a Melilla di centinaia di profughi magrebini nel disperato tentativo di entrare in Spagna.

Solo qualche accenno al differente trattamento che ricevono ai confini polacchi i profughi provenienti dall’Ucraina, quando questi disperati sono di colore e vengono brutalmente respinti, come prima della guerra si faceva ai confini con la Bielorussia.

È di pochi giorni fa il bollettino diramato da Open Arms relativo all’ultimo tragico naufragio in acque libiche che ha portato all’annegamento di più di 50 migranti, mentre si susseguono i salvataggi e gli approdi in porti sicuri delle navi delle varie ONG che prestano soccorso nel canale di Sicilia e in tutto il Mediterraneo.

I flussi migratorio dall’Africa non sono certo destinati a rallentare in conseguenza della guerra in atto in Europa, ma forse ad incrementarsi, proprio a seguito dei mutati rapporti geopolitici che porteranno ad ulteriore inasprimento dei conflitti interni, come ad esempio nel Mali, dove già si fronteggiavano le politiche di Francia e Russia.

L’Africa continua a sanguinare

Paesi come il Sud Sudan, il Somaliland (ex Somalia), le aree al nord della Nigeria battute dalle milizie islamiche, il Tigrai, sono oggi fuori dai riflettori della politica estera, ma i loro conflitti così ingigantiscono, lontani dalle luci della ribalta internazionale.

I crimini contro l’umanità in quei Paesi crescono, spinti dalle ambizioni di potere dei signori locali o dei Paesi stranieri che ne finanziano le milizie per le loro mire di controllo.

Mentre il Mondo Occidentale si confronta con il rischio della Terza Guerra Mondiale l’Africa vive probabilmente uno dei suo peggiori momenti, nel buio dell’informazione, con il sangue che scorre dai deserti della Mauritania agli altipiani dell’Eritrea.

Così le popolazioni vengono ancor più spinte alla fuga dai teatri dei combattimenti, dalle carestie dovute al climate change, dalle pulizie etniche mai interrotte nelle zone dove si belligera da anni.

Come sempre la guerra acuisce le difficoltà dei poveri e dei più deboli, siano essi direttamente coinvolti sui fronti attivi siano essi condizionati dallo svolgimento di battaglie anche lontane.

Senza contare il silenzio che ora protegge le azioni dei dittatori o dei signori della guerra che operano in Africa in Paesi come l’Algeria e la Tunisia, dove sono state sospese le libertà di voto e dominano dittatori mascherati da salvatori della Patria, l’Egitto e l’Etiopia sull’orlo di un conflitto per l’acqua del Nilo, la Libia dove i pretendenti al controllo del Paese hanno rinnegato ogni accordo preso con l’ONU e hanno ripreso a combattere furiosamente.